Riforma sanitaria: poche razionalizzazioni, tanti passi indietro

Ritengo grave che la bozza di articolato di cui si parla da mesi venga fatta filtrare prima di qualsiasi confronto con le parti interessate. Quanto al merito, la riforma sanitaria disegnata dalla Giunta si presenta come un progetto di accentramento che poco ha a che fare, a prima vista, con logiche di risparmio e di razionalizzazione: tanto più che si rinuncia all’unica vera esperienza di razionalizzazione della spesa, quella del centro servizi condivisi.
Se l’impostazione dovesse rimanere quella che ci è dato conoscere, vi sarebbe soltanto il risparmio degli stipendi di 5 direttori, a fronte di un allontanamento del sistema dal territorio e dai bisogni dei cittadini, di un appesantimento del tessuto burocratico e di un assetto istituzionale complicato e macchinoso, con una visibile incertezza di compiti e ruoli. Già estromessi i sindaci dagli atti programmatori con la legge di assestamento di bilancio di due anni fa, oggi si vogliono ridurre i Distretti aumentando l’utenza a 100mila abitanti: una soluzione che contrasta con la necessità di una risposta pronta ed efficace ai bisogni dei cittadini, oltre che con tutti i dati di letteratura in ordine ai bacini ottimali, individuati in 60-70 mila persone. Inoltre si altera la corrispondenza tra distretti e ambiti creando una confusione istituzionale facile da prevedere.
Altrettanto dirompente la previsione di dipartimenti strutturati a livello regionale (prevenzione, salute, dipendenze), che allenta inevitabilmente il rapporto coi settori di utenza più fragili e problematici. Ancora, l’ipotesi di riorganizzazione del sistema ospedaliero in ospedali, presidi e stabilimenti appare ridondante e fonte di spesa più che di risparmio.
Infine, manca qualsiasi cenno agli strumenti di pianificazione, sempre più necessari rispetto all’evoluzione dell’epidemiologia e della struttura demografica, abbandonati dopo la miope chiusura dell’Agenzia regionale per la sanità, vero centro di elaborazione di idee e programmi innovativi e volano di qualità. Il piano materno-infantile risale a una decina di anni fa, quello dell’emergenza è rimasto agli annunci, di quello per la riabilitazione non si è più parlato e quello oncologico non ha visto la luce.
Il primo giudizio dunque non può che essere negativo. Avremo comunque modo di confrontarci con il Presidente Tondo nel corso di un’iniziativa pubblica che la Cgil Fvg organizzerà l’ 8 maggio a Udine per rappresentare, attraverso gli interventi degli operatori e dei tecnici, quali sono a nostro giudizio i veri problemi della sanità regionale e quali le soluzioni da perseguire per ognuno di essi. Vedremo quali saranno le risposte di Tondo.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg