Riforma sanitaria, abbandonare le logiche di campanile

«Gorizia mantiene la sua azienda sanitaria, come chiesto dalla Cgil, con una soluzione che ne allarga il bacino fino alla Bassa friulana, valorizzando Monfalcone e consolidando i rapporti di area vasta con Trieste». Il segretario regionale della Cgil Franco Belci, assieme a Paolo Liva, segretario della Cgil Gorizia, analizza così gli effetti della riforma presentata dalla Giunta regionale sul territorio dell’isontino. Da qui le perplessità della Cgil sulle critiche del sindaco di Gorizia, «comprensibili ma non condivisibili», e sulla posizione del Pd locale.
«Non ci si può aggrappare – dichiarano Belci e Liva – a una questione puramente anagrafica. Stando dalla parte dei lavoratori pensiamo che la preoccupazione dei genitori siano altre: non perdere il lavoro, e magari doverlo trovare lontano da Gorizia, od evitare che i nostri figli, siano nati a Gorizia, Monfalcone o Trieste, debbano andare a lavorare all’estero. In quanto alle preoccupazioni delle mamme, che vanno prese sul serio, riteniamo che l’ospedale di Monfalcone possa dare tutte le garanzie necessarie e che vada invece garantito l’impiego del personale attualmente in servizio nel punto nascita di prossima chiusura nell’ambito del “percorso nascita” che fa capo ai servizi territoriali». A questo proposito la Cgil chiede di esplorare fino in fondo la possibilità di una convenzione italo-slovena sulla possibilità di partorire all’ospedale di San Pietro, oltre confine: «A quel punto – spiegano Berlci e Liva – le mamme goriziane sarebbero nella possibilità di scegliere tra tre, se non quattro ospedali: Monfalcone, Trieste, San Pietro e Pamanova. Ne uscirebbe rafforzato il sostegno prima e dopo il parto: è importante che rimanga sul territorio perché se le degenze per il parto durano ormai un paio di giorni, la gestazione è lunga 9 mesi e il post-parto si prolunga alle volte per altrettanti».
Quanto al futuro dell’ospedale di Gemona, Belci chiede di «abbandonare posizioni precostituite e di cercare, nel confronto, le soluzioni a problemi concreti e specifici che stiano nel perimetro della riorganizzazione, senza affidarsi a minacce di guerre sante». La Cgil, contraria a ogni ipotesi di chiusura, chiede di uscire da logiche «geografiche e campanilistiche il cui unico effetto è quello di contrapporre i sindaci e le loro richieste opposte e non conciliabili, dimostrando che la riforma è necessaria».
«Con il sindaco di Gemona Urbani – prosegue il segretario della Cgil –  ci piacerebbe avere un confronto di merito per discutere di cose concrete. Se in caso di frattura al femore, ad esempio, sia meglio essere operati a Gemona o a Udine, dove la casistica è più ampia e l’esperienza maggiore? E se non è giusto preoccuparsi, per restare nell’esempio, di garantire che il percorso di convalescenza e riabilitazione possa essere garantito sdul territorio? O ancora se non sia più utile a Gemona, invece di pensare di trattenere chirurgie, impiegare risorse per venire incontro ai bisogni delle famiglie con anziani non autosufficienti. Queste sono le questioni sulle quali mi piacerebbe avere delle risposte da un sindaco che deve discutere di problemi concreti».