Medicine e spesa farmaceutica, doppio allarme dello Spi Cgil

Non solo il preoccupante calo del ricorso al vaccino influenzale tra gli anziani, sceso a livello nazionale al 52% degli over 65, ma anche la crescita del numero di famiglie che rinunciano ai medicinali, o ne riducono il consumo, per motivi economici, a fronte di una spesa farmaceutica che aumenta, in regione come nel resto del Paese, anche a causa del basso ricorso ai farmaci equivalenti. Quelli che pur essendo gratuiti, se prescritti dal medico, e pur avendo la stessa composizione e la stessa efficacia dei medicinali “di marca”, stentano ancora ad essere prescritti e acquistati. Questi i temi, attualissimi, affrontati dallo Spi-Cgil in una tavola rotonda con l’assessore regionale alla Salute Maria Sandra Telesca, tenutasi stamane ad Aquileia.
POCHI EQUIVALENTI. Al centro dell’analisi dello Spi, tracciata dal responsabile sanità e welfare della segreteria regionale Gino Dorigo, i numeri e le criticità che caratterizzano l’andamento dei consumi e della spesa farmaceutica in Friuli Venezia Giulia. Una spesa che continua a crescere e che lo scorso anno ha toccato i 187 milioni, 20 in più delle previsioni, e che quest’anno, da gennaio a giugno, ha fatto segnare già uno scostamento (per eccesso) di 14 milioni. Tra gli aspetti virtuosi, oltre a una lieve diminuzione delle prescrizioni nei primi 6 mesi del 2017 (da 5.827.000 a 5.810.000 ricette, pari al -0,3%) la crescita nell’acquisto di farmaci equivalenti, che ha registrato un incremento annuo del 7,7% ma che – ha sottolineato ancora Dorigo – «avrebbe margini di crescita ben più ampi, visto e considerato che non superiamo di molto la media nazionale del 25% nel consumo di farmaci equivalenti, con un costo annuo per le tasche degli italiani pari a 1,3 miliardi di euro. Il limite è culturale e riguarda anche i cittadini, ma la spinta deve venire viene dai medici di base, perché è difficile che la richiesta parta dal paziente».
RINUNCIA ALLE MEDICINE. Tra le criticità, come detto in apertura, gli effetti della crisi nel ricorso alle medicine a pagamento, testimoniata da una recente indagine del Banco farmaceutico, secondo la quale il 16% delle famiglie, quasi una su 6, rinuncia agli acquisti di farmaci o li riduce per via del prezzo. Non a caso nel 2016, durante l’ultima “colletta” organizzata dal Banco, sono pervenute richieste per 40mila farmaci da banco, a fronte di una raccolta di 16mila. «E la percentuale di chi rinuncia è più alta fra gli anziani, visto il basso importo medio delle pensioni», ha puntualizzato Dorigo.
SPESA E FARMACI COSTOSI. Riguardo al problema dell’elevata spesa farmaceutica, lo Spi punta il dito sulle forti differenze nei prezzi rimborsati ai produttori (e alle farmacie) tra regione e regione, e suggerisce inoltre la possibilità di valutare innovazioni alla rete distributiva, come quelle adottate in altre regioni (Emilia e Toscana), che hanno prodotto buoni risultati per i bilanci delle aziende sanitarie. Per quanto riguarda i farmaci innovativi, distribuiti attraverso le strutture sanitarie, lo Spi registra con soddisfazione la riduzione delle liste di attesa sui farmaci per l’epatite C, mentre chiede l’estensione agli ospedali di rete della distribuzione degli antitumorali, attualmente garantita solo negli hub ospedalieri, «con gravi disservizi – denuncia Dorigo – in particolare per i pazienti del territorio montano e pedemontano». Altra proposta quella di aprire alla digitalizzazione delle ricette, che comporterebbe secondo lo Spi notevoli risparmi sia gestionali che finanziari, oltre a contribuire alla riduzione delle frodi.