Il piano della Cgil per mettere in moto l’economia regionale

di Renato D’Argenio UDINE Presidente Belci, la scorda settimana era a Roma alla Conferenza di programma della Cgil. Il progetto “politico” di Susanna Camusso per la ripresa. Vorremmo entrare nel merito di quel progetto – calato in Fvg – partendo da un altro punto di vista (peraltro emerso anche nella capitale): in tanti chiedono lo scalpo della Cgil. Le elites attuali considerano il vostro modo di fare sindacato superato: perchè? «Va fatta una distinzione. C’è chi ci teme e vorrebbe “silenziarci”, ma anche chi ci stima e ascolta attentamente le nostre proposte. Venerdì era presente anche il ministro Fabrizio Barca, che ha giudicato positivamente il “Piano”, pur non condividendolo in tutto». Berlusconi e Monti vi ritengono conservatori. «Pensano che il mercato e le sue dinamiche costituiscano una specie di “diritto naturale” che determina il perimetro dei diritti. E che il lavoratore sia non una persona che sul lavoro costruisce la sua identità e la sua dignità, ma un mero fattore della produzione, il venditore di una merce che va pagata il meno possibile. Una concezione antitetica alla concezione del lavoro come presupposto dello sviluppo propria della Costituzione. Noi vogliamo continuare a declinare quella concezione anche nella crisi». Insisto: non le pare che in Italia è praticamente impossibile “liberarsi” dei dipendenti che non garantiscono lavoro. Che si difendono, indistintamente, i diritti di tutti (assenteisti e furbetti) grazie a un contratto che una volta firmato sembra debba essere rispettato soltanto dal datore di lavoro? «Non abbiamo mai difeso assenteisti e fannulloni. Però bisogna capire di cosa si parla: spesso nell’assenteismo i datori di lavoro fanno rientrare fattispecie improprie, sommando le assenze di chi è afflitto da malattie cronico-degenerative, o contando l’utilizzo dei permessi per assistere i disabili o il congedo non retribuito delle madri per supplire alla carenza di servizi. Del resto parlano i dati: una comparazione internazionale dello scorso anno metteva in luce come il tasso di assenza per malattia in Italia nel settore privato sia inferiore a quello della pluricitata Germania (1,5% a fronte del 2,1%). Commentandoli Giuliano Cazzola riconosceva che “il caso-assenze non c’è: il problema dell’industria, semmai è che, in caso di licenziamento per motivi disciplinari la magistratura è nel 70% dei casi favorevole ai dipendenti”». Veniamo alla Camusso: interventi di ispirazione keynesiana (intervento pubblico di sostegno alla domanda) che dovrebbero far crescere il Pil di 3,1 punti percentuali entro il 2015 e creare molti nuovi posti di lavoro con la riforma del fisco: progressività delle imposte e una tassa sulle grandi ricchezze. Crede che il Pd sia pronto per la patrimoniale? «Diciamo che è stato un po’ ondivago sul tema, che rimane tutto intero sul campo. Poi bisogna capire cosa si tassa e quanto si tassa ed essere chiari sul fatto che si tratta di solidarietà e non di una lotta contro “i ricchi”. I ricchi che investono e creano lavoro vanno benissimo, quelli che fanno soldi coi soldi, senza un fine sociale, no. E’ li che si deve tassare. Senza dimenticare che la più grande patrimoniale è la lotta all’evasione». Piano Fvg per il lavoro: qual è il percorso per costruirlo? Il percorso è partito martedì scorso con una riunione dei responsabili delle strutture territoriali e delle categorie regionali ai quali chiederemo idee e proposte. Contemporaneamente raccoglieremo le indicazioni di studiosi vicini alla Cgil. A fine marzo approveremo formalmente il piano in direttivo. Il 12 aprile lo discuteremo pubblicamente con politici, imprenditori, esponenti del terziario in un’iniziativa conclusa da Susanna Camusso». Ci può anticipare i contenuti? «Partirei da due interventi che potrebbero fare da volano all’economia regionale: un piano straordinario per la messa in sicurezza dell’assetto idrogeologico, soprattutto della montagna. E uno per l’edilizia scolastica, davvero fatiscente, soprattutto a Trieste. Poi una rivisitazione della legislazione regionale sul lavoro, nata quando non c’era la crisi, e una ridefinizione degli incentivi alle aziende che assumono o stabilizzano. Una revisione della legislazione sul commercio che consenta, attraverso percorsi concordati, di creare lavoro più stabile. Una seria riforma delle procedure e dei tempi della Pubblica amministrazione correlata a una del lavoro pubblico». Per i primi due piani servono risorse pubbliche. «Sì, anche a costo di produrre debito. Su questo sono d’accordo con Massimo Paniccia, perché quegli interventi avrebbero comunque un rientro a regime sulle entrate della Regione. Inoltre, potranno essere utilizzati i risparmi derivanti dai tagli ai costi della politica e quelli che dovranno derivare da un radicale sfoltimento di enti di derivazione regionale. Poi si tratterà di mettere in campo una seria spending review. Infine ci sono interventi a costo zero: per esempio per i lavoratori pubblici il primo livello di contrattazione è bloccato e si potrebbero concentrare le risorse del secondo sugli obiettivi della riforma e sulla produttività». Cosa pensa di questa campagna elettorale? «Mancano le proposte. Anche se va detto che il centro sinistra ci sta lavorando. Tondo, invece, è ancora nella fase dell’autoglorificazione che si concentra, in mancanza di altro, su due argomenti davvero triti: la questione del debito e il fatto di aver rinunciato al compenso di commissario per la terza corsia. Vogliamo dire che in quest’ultimo caso non dovrebbe trattarsi di un’eccezione, ma della normalità?». Quanti iscritti ha la Cgil in Fvg? «Siamo un’organizzazione in piena salute. A fronte di un leggero calo dei pensionati (-1,7%) abbiamo un forte aumento dei lavoratori attivi (+4,2%). E tra di essi moltissimi sono giovani. Un buon segnale per il futuro». Come commenta il caso Faye? «Tra l’Alef e Faye è sorto un contenzioso su alcune spese sostenute, qualche anno fa, da quest’ultimo nella veste di vicepresidente, che l’associazione ha ritenuto non adeguatamente giustificate. La vertenza si è risolta con una transazione tra le parti nella quale Faye si è fatto carico delle somme contestate, dando contemporaneamente le dimissioni dagli incarichi che ricopriva nella Cgil. Dunque una vicenda personale chiusa. L’episodio è stato utilizzato per denigrare la Cgil di Udine, attraverso volantini anonimi. Il segretario generale di Udine ha aperto un’inchiesta interna e a breve avremo le decisioni». Si candida alle regionali? «No. Ho assunto un impegno con il mio gruppo dirigente e i nostri iscritti. Ci sono tutte le ragioni per rafforzarlo. E’ questo compito difficile, ma affascinante che mi voglio dedicare. In ogni caso sono grato a chi mi ha proposto di candidarmi: l’ho interpretato come segno di stima per ciò che faccio nella Cgil».