Il friulano non può diventare criterio di selezione degli insegnanti

«È inaccettabile che la conoscenza della lingua friulana possa diventare un criterio di selezione degli insegnanti». Questa la presa di posizione di Franco Belci, segretario regionale della Cgil, in merito alle proposte di modifica alla legge sul friulano emerse nell’ambito di un confronto tra rappresentanti delle istituzioni udinesi e la commissione paritetica Stato-Regione.
«Il dibattito sulla modifica parte con il piede sbagliato», dichiara Belci, che si richiama ai principi affermati dalla Corte costituzionale in sede di bocciatura della legge. « La Corte – spiega il segretario – aveva contestato in particolare il meccanismo del silenzio-assenso sull’insegnamento del friulano e  l’uso veicolare del friulano a scuola. È semplicemente assurdo quindi che si pensi di definire, anche se in ambiti territoriali limitati, criteri di precedenza per gli insegnanti che dimostrino di conoscere la lingua e la cultura friulana. È ragionevole invece prevedere che l’Università di Udine possa organizzare corsi di formazione che costituiscano titolo per gli insegnanti preposti all’insegnamento facoltativo della lingua friulana».

È in ogni caso positivo, per Belci, che si riprenda in mano un’iniziativa legislativa i cui obiettivi sono condivisi dalla Cgil . «La tutela delle lingue minoritarie – chiarisce il segretario – è un valore che la Cgil ha sempre sostenuto, e anche per questo vogliamo dare il nostro contributo al dibattito. Bisogna essere consapevoli però che la legge regionale non risponde a obiettivi di protezione di una minoranza, ma mira a tutelare e promuovere elementi di carattere linguistico e culturale particolarmente qualificati e radicati nella cultura della popolazione. Così come non è pensabile, come qualcuno ipotizza, che i rilievi della Corte Costituzionale possano essere superati con scorciatoie amministrative».