Donne, pari opportunità ancora lontane

“Donne in equilibrio fra lavoro e diritti, per una provincia  al plurale”. Questo il titolo del convegno organizzato ieri, 1° aprile 2011, dalla Cgil di Pordenone. Dopo la relazione introduttiva di Carla Franza, ogni intervento ospiti  ha affrontato l’argomento da una diversa angolatura, ma tutte hanno offerto una visione di insieme molto preoccupante per quanto riguarda l’accesso al lavoro e la permanenza nello stesso da parte della popolazione femminile.
Chiara Cristini ha illustrato gli ultimi dati raccolti dall’Agenzia regionale del lavoro, dati che hanno evidenziato come ,per quanto riguarda gli avviamenti al lavoro, la tipologia di contratto è prevalentemente a tempo determinato sia per gli uomini che per le donne, con una media superiore all’80% . Una situazione, questa, che per quanto riguarda la popolazione femminile  rischia di diventare una costante lungo tutto l’arco della vita lavorativa, così come molto alta è l’incidenza del part-time che interessa il 27,9%   delle lavoratrici e il 10,4% degli uomini.
Flavia Maraston, consigliera di parità della provincia di Pordenone, poi, non ha lesinato critiche ai comportamenti che si stanno sviluppando nel nostro territorio, che vanno da una sorta di selezione preventiva da parte delle agenzie del lavoro nella fase delle assunzioni ai mille ostacoli che vengono posti alle donne lavoratrici che rientrano dalla maternità.
Una diversa angolatura è stata, poi, quella posta dalla responsabile dei servizi sociali dell’ambito urbano Miralda Lisetto: su 95 mila abitanti, tanti sono, infatti, i residenti dei 5 comuni che fanno riferimento all’Ambito, più di 2mila donne si sono rivolte ai servizi sociali a fronte di una richiesta maschile di intervento di 1.581 unità.
Donne di tutte le età, ma in particolar modo donne non più giovani ed anziane, così come si rileva una richiesta di aiuto anche da parte di persone che hanno un’occupazione. Siamo, pertanto, di fronte ad una situazione nella quale il basso reddito e la situazione di precarietà crea una vulnerabilità sociale preoccupante. La riduzione dei servizi ed il sostanziale rifiuto delle aziende di mettere in atto forme di flessibilità che consentano alle donne di conciliare l’attività lavorativa con l’attività di cura sono i due fattori che maggiormente incidono sulla possibilità di proseguire l’attività lavorativa.

Ma è possibile una qualità nel lavoro nel terzo millennio? Susanna Pellegrini, segretaria regionale della Filcams, ha illustrato alcuna buone prassi presenti anche nel nostro territorio, frutto della contrattazione, lanciando agli amministratori locali il messaggio che nelle gare di appalto non può essere osservato il solo criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e che introdurre  elementi di qualità porta all’azienda vantaggi in termini di minore assenze e di maggiore produttività. 

Particolarmente significativo anche l’intervento di Maria Luisa Melcher della segreteria provinciale dello Spi, che ha illustrato una recente rilevazione effettuata dall’Inps rispetto al  rendimento pensionistico nella nostra regione. In Fvg la pensione media delle donne è di 513 euro mensili, quella degli uomini di 1.025: Pordenone si colloca in una fascia inferiore con una quota pari a 509 euro per le ex lavoratrici e di 986 per gli ex lavoratori: un gap di genere che, pertanto, si avvicina al 50%.

Argomento, questo, ripreso da Morena Piccinini, che ha sottolineato come il lavoro discontinuo e precario oggi prefiguri un concreto rischio-povertà per migliaia di giovani. La Cgil , ha sottolineato la Presidente dell’Inca nazionale, sta lavorando su una proposta che preveda il riconoscimento dei periodi di non lavoro e forme di integrazione per le pensioni più basse, così come si sta lavorando sul tema delle malattie professionali per un riconoscimento dei maggiori e diversi rischi che interessano le donne .
Di tutto questo e di altro parla lo sciopero generale proclamato dalla Cgil per il prossimo 6 maggio. Il convegno si è chiuso con l’impegno a predisporre una piattaforma locale che, guardando alla crisi, prospetti soluzioni “al plurale”. Una proposta che si dovrà essenzialmente articolare nella richiesta di un’attenzione a 360 gradi per l’infanzia ed alla presenza di servizi plurimi, della rivendicazione di una implementazione di risorse per l’assistenza territoriale, a politiche  attive del lavoro che non siano neutre.