Consorzi industriali, occasione persa

Dieci consorzi industriali in partenza, Ezit compreso, dieci
a più di due anni dall’approvazione della legge Rilancimpresa. Che prevedeva
diverse ipotesi di fusione fra i nove consorzi operanti nelle province di
Udine, Gorizia e Pordenone, fissando un termine di 24 mesi per il loro
completamento. Termine ampiamente scaduto senza che nessuna delle fusioni
previste sia divenuta operativa, se non quella tra Ziac e Ziu, resa obbligata
dalla liquidazione della Zona industriale Aussa Corno, peraltro ancora non
conclusa.

A tracciare il quadro, dopo l’iniezione di 6 milioni decisa
dalla Regione in assestamento di bilancio, è la Cgil del Friuli Venezia Giulia,
con il suo segretario generale Villiam Pezzetta, che non esita a giudicare
«deludente», il bilancio della razionalizzazione. «Se confrontiamo la
situazione attuale con gli obiettivi programmatici di Rilancimpresa, dobbiamo
prendere atto che la montagna ha partorito il topolino», commenta il
segretario. «Se e quando verranno portate a termine le fusioni già deliberate –
prosegue Pezzetta – ci troveremo infatti nell’ipotesi meno ambiziosa tra i vari
possibili assetti finali previsti dalla legge, con il passaggio da 9 a 6
consorzi, 7 con l’Ezit, e senza alcun accorpamento strategico tra i due
consorzi isontini, dopo il dietrofront di Gorizia al matrimonio con Monfalcone,
né tra questi e l’Aussa Corno. Salta anche l’obiettivo di un consorzio unico
per Pordenone, sebbene l’avvio della fusione tra la Zipr di San Vito e lo Csi
di Spilimbergo possa consentire di centrare l’obiettivo minimo di due consorzi
nella Destra Tagliamento».

Il flop, per Pezzetta, non sta tanto nei numeri, quando
nell’incapacità di cogliere le potenzialità strategiche della riforma. «In
particolare – spiega il segretario della Cgil – si rinvia a oltranza la
costruzione di una regia unica per Ziu, Aussa Corno, Monfalcone e Gorizia, che
avrebbe consentito, anche attraverso la collaborazione con l’Autorità portuale
di sistema, il nuovo Ezit e coinvolgendo l’interporto di Cervignano, di creare
una rete tra consorzi, porti e sistema retroportuale veramente strategica per
le prospettive di sviluppo di questa regione. Invece di ragionare in grande,
anche attraverso un forte dialogo tra enti locali e forze economiche, si sono
preferite logiche di piccolo cabotaggio e di conservazione dell’esistente. E rischiamo
di perdere l’ennesima occasione importante, perché è fuori discussione che il
rilancio della nostra industria dipenda dal grado di attrattività,
dell’ottimizzazione delle infrastrutture e della rete di servizi che i consorzi
e il nostro territorio in genere sapranno offrire».