Concertazione: meno riti, più sostanza

In questi ultimi giorni la Presidente della Regione ha assunto una posizione su due temi cruciali: concertazione e art. 18. Sull’una come sull’altro si rischia una querelle sulla base di nominalismi e ragionamenti spot. Sull’art. 18 la nostra posizione, peraltro ribadita in una lunga intervista al Messaggero Veneto, è chiara: non si può riaprire la partita. Se invece si tratta di allargare lo Statuto e di discutere del contratto a tutele graduali, la Cgil è disponibile.
Il problema non sono le parole, ma i fatti. Si tratta di andare oltre ai termini. Ad esempio, quello “concertazione” non mi è mai piaciuto: è diventato infatti sinonimo di “consociativismo”. E tutto vogliamo, meno che essere consociativi. Per questo, quando abbiamo sottoscritto il protocollo sulla concertazione con Serracchiani, ho insistito perché il titolo fosse diverso: «Regole per le relazioni sindacali». Nel merito, i tavoli con cinquanta persone, ognuna delle quali fa il suo intervento, non hanno senso. Si individuino modalità snelle. La Cgil l’aveva già proposto alla passata Giunta senza risultato.
Con Telesca e Bolzonello il confronto ha funzionato. In quest’ultimo caso è stato esemplare, e infatti il consenso è stato larghissimo. Poi ci sono assessori che misurano il confronto sul numero, e non sulla qualità delle riunioni??? Facciamo pure meno riunioni, ma puntiamo sulla qualità. Però in un quadro di reciprocità. Alle volte, quando le chiediamo noi, passano settimane: la velocità deve valere anche per gli assessori. Vogliamo fare un passo avanti? Adottiamo il “metodo Bolzonello”, se però vale sempre e per tutti. Convocazione, illustrazione delle proposte e primo giro di tavolo; formulazione delle osservazioni, riunione conclusiva. Però dieci giorni sono pochi: la segreteria della Cgil è composta da tre persone (a proposito di snellimento). Ognuno di noi segue materie dietro alle quali c’è il lavoro di più direzioni regionali. Cinque giorni in più non saranno un problema.
Naturalmente la politica decide e le organizzazioni esprimono le proprie posizioni. Poi sta a chi decide capire che più consenso c’è, più possibilità c’è che le riforme funzionino. Però, ribadisco, Serracchiani sa che spesso non è il sindacato a essere lento??? Del resto sostengo da tempo che dobbiamo adeguare i tempi all’urgenza delle risposte. Spesso continuiamo a discutere quasi per forza di inerzia, quando le vicende sono ormai concluse. Dobbiamo decidere in tempo reale, senza perdere mai di vista i meccanismi della democrazia, ma anche senza dare l’impressione che essa richieda settimane di discussioni inconcludenti. Altrimenti siamo noi a farle un danno e favoriamo il decisionismo.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg