Aborto, tempi troppo lunghi anche in Fvg
«Va garantita in tutte le strutture pubbliche una presenza adeguata di medici non obiettori. Prima di tutto a garanzia delle donne che devono ricorrerere all’interruzione volontaria di gravidanza, ma anche dei medici che la praticano, vittime di una sorta di segregazione professionale, dal momento che le elevate percentuali di obiezione fanno gravare sulle spalle di pochi l’onere di garantire il diritto all’aborto». E’ quanto chiede Orietta Olivo, responsabile sanità e welfare della Cgil Fvg, a un giorno dalla sentenza del Comitato diritti sociali del Consiglio d’Europa, che ha giudicato fondato il ricorso con cui la Cgil, già nel 2013, aveva denunciato le lacune nell’attuazione della legge 194.
«La sentenza del comitato è importante – commenta Olivo – anche se arriva più di due anni dopo il ricorso della Cgil. Con questa decisione, di fatto, si riconosce infatti che nel nostro Paese, in materia di aborto, i diritti delle donne vengono violati. E’ se è vero che in Fvg non emergono problemi della gravità rilevata in altre regioni, collegati alle percentuali di obiezione, i tempi dell’interruzione volontaria di gravidanza risultano comunque dilatati, con il rischio di avvicinare pericolosamente il periodo più critico per la salute delle donne, rendendo più dolorosa e meno sicura un’esperienza già tremenda come l’aborto».
Per invertire questa tendenza, che inevitabilmente alimenta il ricorso alle cliniche private, alle strutture estere e purtroppo anche all’aborto clandestino, la Cgil reputa doveroso e indispensabile, conclude Olivo, «che il servizio pubblico garantisca una prestazione sanitaria e un diritto previsti dalla legge».
«La sentenza del comitato è importante – commenta Olivo – anche se arriva più di due anni dopo il ricorso della Cgil. Con questa decisione, di fatto, si riconosce infatti che nel nostro Paese, in materia di aborto, i diritti delle donne vengono violati. E’ se è vero che in Fvg non emergono problemi della gravità rilevata in altre regioni, collegati alle percentuali di obiezione, i tempi dell’interruzione volontaria di gravidanza risultano comunque dilatati, con il rischio di avvicinare pericolosamente il periodo più critico per la salute delle donne, rendendo più dolorosa e meno sicura un’esperienza già tremenda come l’aborto».
Per invertire questa tendenza, che inevitabilmente alimenta il ricorso alle cliniche private, alle strutture estere e purtroppo anche all’aborto clandestino, la Cgil reputa doveroso e indispensabile, conclude Olivo, «che il servizio pubblico garantisca una prestazione sanitaria e un diritto previsti dalla legge».