Senza contratto da 8 anni. Il 31 marzo si ferma la vigilanza privata

Si fermano i lavoratori della vigilanza privata. Con lo sciopero di 24 ore proclamato per venerdì 31 marzo, accompagnato in Friuli Venezia Giulia da un presidio che si terrà a Trieste, in piazza Unità dalle 10 alle 12,oltre che da un mese di stop di straordinari e lavoro supplementare, il sindacato vuole chiedere anche il supporto delle istituzioni, a cominciare dal prefetto di Trieste, e un sostegno per il rinnovo del contratto nazionale a quei lavoratori che garantiscono la sicurezza dei punti nevralgici dell’economia regionale e delle stesse istituzioni.
«Vogliamo dare una spinta alla trattativa laddove le associazioni datoriali hanno sempre chiesto rinvii, si sono mostrate non unitarie al tavolo, e si sono frammentate in nuove associazioni datoriali – spiega il segretario generale Uiltucs del Friuli Venezia Giulia, Matteo Calabrò –. Questa storia deve finire, non può essere che un contratto sia fermo da quasi otto anni. Quindi scendiamo in piazza per dare voce a un settore che riguarda anche una parte della sicurezza che prima era prerogativa delle forze dell’ordine, mentre ora è appaltata e coperta dalla vigilanza armata e dai servizi fiduciari per la parte non armata».
Per Andrea De Luca, della Filcams-Cgil regionale, «trascorsi più di sette anni dalla scadenza del contratto nazionale di categoria, e di fronte a un’escalation inflazionistica senza precedenti, il raggiungimento di un accordo che difenda il potere d’acquisto dei lavoratori della vigilanza privata è un obiettivo ormai improrogabile». Oltre a garantire un pieno riconoscimento economico e normativo della professionalità e dell’abnegazione di chi lavora nel comparto, prosegue De Luca, «il nuovo contratto dovrà fornire gli strumenti utili a estendere il perimetro delle tutele, in termini di sicurezza, di contrasto al dumping contrattuale e di conciliazione tra lavoro e vita privata»
Anche Diego Marin, segretario regionale Fisascat-Cisl, sottolinea il ritardo inaccettabile del rinnovo. «Dopo quasi otto anni – dichiara – è assurdo che si pensi ancora di non rinnovare un contratto e si facciano ostacoli per trovare un’uscita comune. Otto anni sono due tornate contrattuali, il che vuol dire per i lavoratori che sono stati persi due aumenti . Quindi è inaccettabile che non ci sia un intento comune per rinnovare almeno la parte economica».