Vaccini decisivi, ma per l’obbligo serve una legge

«La Costituzione parla chiaro: se si vuole introdurre un obbligo
vaccinale, l’unica strada per farlo è l’approvazione di una legge: Governo e
Parlamento se ne assumano la responsabilità. La Cgil non sarebbe contraria,
mentre dice no a obblighi mascherati imponendo il Green Pass come condizione
per l’accesso al lavoro, alle mense aziendali, al trasporto pubblico locale».
Questa, espressa dal segretario generale Villiam Pezzetta, la posizione della
Cgil Friuli Venezia Giulia in merito alla gestione della campagna vaccinale e
delle misure di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro. 
CONTAGI, SUL LAVORO SOLO IL 4%. Chiaro il messaggio: non spetta alle
imprese né alle parte sociali definire esclusioni e divieti per i non vaccinati.
Sì invece, ribadisce il segretario, a rafforzare percorsi condivisi tesi a
migliorare la sicurezza in azienda e a favorire l’adesione alla campagna
vaccinale. «La nostra – spiega Pezzetta – è stata una delle primissime regioni
in cui sono stati firmati protocolli di questo tipo, che hanno dato ottimi
risultati in termini di contenimento dei contagi, come conferma il fatto che,
su quasi 109mila casi complessivi registrati finora in Fvg, solo 4.345, il 4%,
sono avvenuti sul lavoro, due terzi dei quali, peraltro, nell’ambito della
sanità e dell’assistenza». Ecco perché la Cgil valuta con favore l’ipotesi di
un ulteriore rafforzamento dei protocolli, ma «senza scorciatoie rispetto a
obblighi che solo la legge può prevedere».
SOS INFORTUNI. A spingere per un rafforzamento dei protocolli sulla
sicurezza non è soltanto l’esigenza di contenere la quarta ondata della
pandemia. Per Pezzetta, infatti, «è indispensabile alzare la guardia contro la
recrudescenza degli infortuni sul lavoro che ha caratterizzato la prima metà
del 2021 sia a livello nazionale che in regione». Se la crescita dei casi complessivi
(il +23% nei primi sei mesi dell’anno) rispecchia anche una fase di ripresa
economica e occupazionale rispetto al 2020, ad allarmare è l’impennata dei casi
mortali, ben 12 tra gennaio e giugno, contro i 7 dei primi sei mesi del 2020: «Considerando
soltanto gli infortuni in occasione di lavoro al netto di quelli in itinere-
spiega ancora Pezzetta – il dato è addirittura quadruplicato rispetto al primo
semestre 2019, 12 casi mortali contro 3, e sfiora già, a metà anno, il totale
dei casi verificatisi nell’intero 2019, che erano stati 13». 
L’APPELLO. La Cgil rivolge alle forze imprenditoriali, alle istituzioni e
a tutto il mondo del lavoro un appello a «moltiplicare gli sforzi per invertire
la rotta, perché se è vero che tutti tifiamo per la ripresa, non può trattarsi
di una ripresa sulla pelle di chi lavora». Dietro alla crescita degli infortuni
gravi e mortali, per Pezzetta, anche «il progressivo depotenziamento dei
servizi di prevenzione e vigilanza, degli organismi ispettivi, la difficoltà di
presidiare le piccole imprese, le carenze di formazione e di cultura sulla
sicurezza». Molto ampi, pertanto, i margini per migliorare le azioni e le
politiche su tutti i fronti, non ultimo quello istituzionale, «con
provvedimenti che premino le aziende virtuose, come ad esempio la patente a
punti sulla sicurezza, e con nuovi investimenti su vigilanza, prevenzione e
formazione, anche da parte della nostra Regione». 
QUALE RIPRESA? Ribadito che «l’esigenza di rilanciare l’economia e
l’occupazione non può mai prevalere sulla tutela della vita e della salute dei
lavoratori», Pezzetta guarda con «moderata fiducia» alle prospettive di
ripresa. «Prospettive – rimarca – legate a doppio filo all’andamento della
campagna vaccinale, che al momento resta l’unico strumento che abbiamo in mano
per contenere l’impatto della pandemia, scongiurando lo spettro di nuove
restrizioni il cui effetto sarebbe devastante soprattutto sui settori più
duramente provati, come il commercio, il turismo, gli spettacoli e anche alcuni
comparti del manifatturiero, come il sistema della moda e del tessile, o le
aziende già in difficoltà prima della pandemia». L’andamento delle richieste di
cassa integrazione conferma purtroppo che l’allarme è tutt’altro che superato:
«Il numero di ore autorizzate, sia pure calato rispetto ai valori irraggiungibili
del 2020, resta infatti altissimo», spiega Pezzetta, a fronte di dati Inps che
parlano di 36 milioni di ore nei primi sei mesi del 2021, contro i 54 milioni
toccati nello stesso periodo del 2020. «Si tratta di volumi ancora enormi –
aggiunge il segretario – e soprattutto nell’ambito del terziario, dove si
concentra il 50% delle richieste, a conferma che la caduta del blocco dei
licenziamenti avrebbe effetti devastanti nei settori più esposti alla crisi». 
SINDACATI-REGIONE. Nel quadro di una ripresa «precaria»,
Pezzetta vede la possibilità di un’azione più incisiva ed efficace da parte
della Regione, «anche attraverso un coordinamento più stretto tra il tavolo
generale tra Presidente e le parti sociali, che prosegue in modo positivo, e i
singoli tavoli tematici». Le criticità più rilevanti, secondo la Cgil, si
riscontrano sul fronte sanità e welfare, dove, «sia pure di fronte a un impatto
della pandemia sul sistema ospedaliero che in questa fase appare molto lontano
dai livelli di guardia, restano irrisolte piaghe annose come la carenza di
personale e la debolezza dei servizi territoriali». La Cgil ribadisce le sue
critiche alla scelta di affrontare l’emergenza liste di attesa soltanto
incrementando il ricorso al privato convenzionato, «senza gli indispensabili
investimenti sugli organici e sul territorio», e affida a una pronta ripresa
del tavolo Giunta-sindacati la soluzione delle criticità, «che non hanno
trovato risposta in sede di manovra estiva». Senza risposta, sul fronte delle
politiche economiche, anche la richiesta di legare a criteri di crescita e
qualità occupazionale gli incentivi previsti nell’ambito del ddl Sviluppo Impresa,
mentre Pezzetta giudica positivo il bilancio del confronto su politiche del
lavoro e della scuola. Più in generale, la richiesta è di rafforzare
quantitativamente e qualitativamente il livello di interlocuzione tra Giunta e
parti sociali, «con l’obiettivo di individuare i veri driver della ripresa, di
una più efficace declinazione regionale del Pnrr sia sul fronte delle politiche
economiche che su quello delle politiche sociali e sanitarie».