Un tetto per tutti i profughi: la Regione non si tiri indietro

«L’emergenza non dipende da responsabilità regionali, ma la Regione ha il dovere di affrontarla. Non basta individuare un modello valido e condivisibile, quello dell’accoglienza diffusa: bisogna fare ogni sforzo possibile per garantire un tetto a tutti i profughi presenti in Fvg, compresi gli oltre 400 in eccedenza rispetto alle quota assegnate dal Governo». E’ quanto sostiene il segretario regionale della Cgil Franco Belci, che si associa all’appello lanciato da don Pierluigi Di Piazza sulle pagine del Messaggero Veneto. «Un appello cui l’assessore Torrenti – commenta Belci, ricordando anche un recente confronto tra lo stesso assessore e don Di Piazza, organizzato proprio dalla Cgil – ha dato una risposta che non riteniamo sufficiente. Siamo consapevoli delle difficoltà di attuare quel modello di accoglienza diffusa che la Giunta regionale sta cercando di costruire, compromesso dalla mancata collaborazione di molti Comuni, nei confronti dei quali la Regione non ha poteri coercitivi. Ma questo non può essere un alibi di fronte alla responsabilità morale e istituzionale di dare un riparo a centinaia di profughi, esposti a rischi anche gravi viste le temperature di questi giorni».
Allo stesso modo, per Belci, può essere un alibi il fatto che il Fvg sia “fuori quota”: «La Regione – prosegue il segretario- ha tutti i motivi per battere i pugni al tavolo del ministro Alfano, ma deve gestire questa emergenza usando ogni risorsa a disposizione. A partire dalle caserme e da altre strutture pubbliche, sulle quali va fatta una ricognizione seria, tesa a individuare, con il supporto degli enti locali, le strutture che possono essere utilizzate in tempi rapidi: dare per scontato che non ce ne siano può essere interpretato come un segnale di inerzia, specie se dal territorio arrivano risposte diverse».
Ma l’appello della Cgil non è soltanto nei confronti della Regione: «Crediamo che anche la Chiesa possa fare di più e in particolare in quelle realtà dove dispone di un consistente patrimonio immobiliare , spesso non occupato o sottoutilizzato, come a Udine o a Trieste. Lasciare tutto l’onere degli interventi all’iniziativa della Caritas e dei singoli sacerdoti non rappresenta certo la migliore risposta ai ripetuti appelli a un impegno concreto sull’accoglienza lanciati da papa Francesco». Anche la Cgil intende fare la sua parte: «Siamo pronti – conclude il segretaio – a incontrare subito la Regione e i sindaci, a partire da quelli dei capoluoghi, per dare un contributo concreto alla costruzione di una vera rete di accoglienza».