Trieste, la protesta del pubblico impiego

Nessuna elemosina, nessun regalo, ma il rispetto di un
diritto: quello ad avere un rinnovo contrattuale serio, dopo 6 anni di vuoto. A
chiederlo a gran voce sono i dipendenti pubblici del Friuli Venezia Giulia,
oggi protagonisti di una affollatissima assemblea e di un presidio sotto il
palazzo del Consiglio regionale a Trieste.
In oltre 1.500, appartenenti a tutte e nove le sigle sindacali del comparto, sono sfilati dalle sede della Provincia al
cuore nevralgico della politica regionale per rappresentare tutto il loro disagio,
aggravato dalla oltraggiosa proposta del governo Renzi di un aumento salariale
di 8 euro mensili, ipotizzato nella legge di stabilità in discussione.

«Non che
in regione vada meglio – hanno sintetizzato per tutti Mafalda Ferletti e
Massimo Bevilacqua, rispettivamente Cgil Funzione Pubblica e Cisl Fp, se si
considera che dei 3,7 miliardi previsti nella finanziaria 2016 nemmeno un cent
andrà ai lavoratori del settore». E questo malgrado il prezzo altissimo che i
dipendenti pubblici continuano a pagare, oltre alla beffa del contratto che non
c’è ed al blocco del turn over: dal 2009 2.000 posti persi nel comparto unico
e 850 nella sanità, dove si contano anche 400.000 ore di “straordinari” non
pagati e 300.000 giornate di ferie non fruite. Eppure i risparmi di gestione
ottenuti da sforbiciate e provvedimenti vari (parliamo di 489 milioni dal 2010,
solo per l’ente Regione, di cui 150 ml derivanti dal blocco del turn
over) potrebbero essere reinvestiti sul personale, che poi è quello che fa
girare tutta la macchina amministrativa.
«Siamo i primi – rincarano i sindacati
– a chiedere la modernizzazione e riforme serie della pubblica amministrazione,
incominciando a mettere mano sui molti sprechi ancora oggi intoccati, a scapito
dei dipendenti, per i quali ormai non esiste più neppure la formazione, né, ad
esempio la pensione complementare». Insomma, altro che posizioni garantite o di
privilegio, tuonano le nove sigle oggi in piazza, puntando i riflettori anche su
chi sta peggio: dipendenti di cooperative o della sanità privata, che se va
bene portano a casa mensilmente 700 euro.
Una protesta, dunque, a 360 gradi,
che parte dal rinnovo contrattuale, ma guarda anche al futuro degli assetti
istituzionali e all’incertezza, ad esempio, sul destino dei dipendenti pubblici
coinvolti dal percorso verso le Uti: «Ci stanno togliendo tutto: per questo
chiediamo che sul pubblico impiego si apra un confronto serio, perché siamo
stufi di essere presi in giro e vogliamo che i diritti sacrosanti dei
lavoratori vengano rispettati». Una delegazione sindacale è stata poi ricevuta
da tutti i capogruppo in Consiglio regionale (Moretti, Riccardi, Colautti,
Cargnelutti, Violino, Tondo, Lauri, Ussai), che hanno raccolto il disagio ed i
motivi della protesta, impegnandosi ad avviare un tavolo ed a riferire ai loro
rappresentanti nazionali).
«E’ chiaro – hanno concluso i Sindacati – che non ci
fermeremo all’iniziativa di oggi ed andremo avanti finché non otterremo il
rinnovo del contratto. Rispediamo al mittente Renzi la proposta degli 8 euro,
mentre in regione faremo valere la specialità e l’autonomia per dare gambe alle
nostre richieste».