Sos manifatturiero, la Cgil di Udine “chiama” la giunta

Settanta nuove aziende industriali che hanno
chiuso l’attività nel corso del 2013, e che si sommano alle quasi 500 già
chiuse nel manifatturiero e nelle costruzioni tra il 2008 e il 2012. E altre
100 che hanno attivato la cassa integrazione straordinaria o i contratti di
solidarietà per cercare di resistere. Per un totale di 2mila nuovi posti di
lavoro persi e almeno altrettanti a rischio. Questi i numeri di una crisi che
nel giro di cinque anni è costata alla provincia di Udine oltre 13mila posti di
lavoro e il quasi raddoppio dellea disoccupazione, passata dal 4 al 7%. E
contro la quale la Cgil Udine
chiede alla Regione di riprendere in mano il filo delle politiche industriali,
«che non possono limitarsi a quelle esclusivamente difensive messe in atto
durante la passata legislatura, ma devono porre le basi per il rilancio del
manifatturiero, condizione indispensabile per la ripresa dell’economia e
dell’occupazione».
LA CRISI. L
‘appello, affidato
alle parole del segretario generale della Cgil Udine Alessandro Forabosco, è
stato lanciato stamane direttamente alla presidente Debora Serracchiani, nel
corso di un attivo sindacale che ha richiamato a Tricesimo circa duecento tra
delegati e dirigenti sindacali di tutti i settori, alla presenza anche di
Danilo Barbi, della segreteria nazionale. La lieve flessione nel ricorso alla
cassa integrazione emersa negli ultimi mesi (-8,9% la variazione a tutto
settembre) non tranquillizza la
Cgil, che denuncia anzi, sempre con Forabosco, «un evidente
allargamento della crisi ai settori più strettamente legati ai consumi delle
famiglie, quindi alimentare e commercio, oltre al terziario, duramente colpito
sia nel comparto dei servizi alle imprese che nel terzo settore,  a causa dei tagli al welfare e agli appalti
pubblici».
BUON INIZIO. Se il giudizio sui primi passi
della nuova Giunta è positivo, anche alla luce della manovra estiva e della
destinazione dell’extragettito di 180 milioni, per la Cgil occorrono interventi
strutturali per rilanciare sia gli investimenti delle nostre aziende sia
l’attrattività del territorio nei confronti di imprenditori di altre regioni e
altri Paesi. Questo, ovviamente, unito alla necessità di modificare una legge
di stabilità nazionale troppo debole nella riduzione del cuneo fiscale e contro
la quale Cgil, Cisl e Uilo hanno deciso quattro ore di sciopero generale. «Una
legge che non servirà a farci uscire dalla crisi – come ha ribadito il
segreteraio confederale Barbi – e che va modificata radicalmente, destinando
alla riduzione delle tasse nuove risorse ricavate dal taglio degli sprechi
nella spesa pubblica, dall’azzeramento delle consulenze, da un aumento del
prelievo sulle rendite finanziarie, che va allineato alla media europea».
LE PRIORIT??. Prioritarie, in questo senso, la
richiesta di destinare al settore istruzione e formazione il 3% del Pil
regionale, di rafforzare la mission di Friulia, Mediocredito e del sistema dei
confidi, con particolare riferimento all’internazionalizzazione e ai processi
di aggregazione delle imprese, di accelerare le politiche di
infrastrutturazione, in particolare su porti, rete ferroviaria ed energia, di
potenziare e mirare maggiormente su innovazione, ricerca e rilancio
dell’occupazione gli incentivi previsti dalla legislazione regionale, di
sveltire i processi decisionali per favorire l’insediamento di nuove imprese e
le politiche di crescita di quelle già attive, di puntare sulla valorizzazione
e sulla messa in sicurezza del territorio e del patrimonio edilizio, sia come
volano per il turismo che per il rilancio dell’edilizia, il comparto più
colpito dalla crisi.
PORTI, AUTHORITY UNICA. Richieste, quelle
della Cgil, elencate in una vera e propria road map di interventi che è stata
consegnata alla presidente della Regione. Tra i temi centrali, come detto,
quello delle infrastrutture, a partire dai porti, sui quali la Cgil sollecita la
costituzione di un’unica authority regionale, per favorire le politiche di
potenziamento degli scali (dragaggi, banchine, ecc.) e di interconnessione con
la rete viaria, ferroviaria e col sistema retroportuale. Sollecitato inoltre un
piano di investimenti da 300 milioni per l’eliminazione dei colli di bottiglia (circonvallazione
di Udine, Udine-Cervignano, bivio San Polo) che rallentano  lo sviluppo del traffico su ferro.