Riaprire le aziende? No a fughe in avanti

«Le
condizioni e i tempi per la riapertura delle attività economiche oggi
chiuse per l’emergenza Coronavirus dovranno essere dettate dal Governo,
sulla base delle indicazioni di scienziati ed epidemiologi e dopo un
indispensabile confronto con i vertici nazionali di sindacati e
associazioni imprenditoriali, come del resto già avvenuto prima del lockdown».
Cgil, Cisl e Uil del Friuli Venezia Giulia respingono così qualsiasi
ipotesi di accelerazione della cosiddetta fase due. «In questo momento –
dichiarano i segretari generali Villiam Pezzetta (Cgil), Alberto
Monticco (Cisl) e Giacinto Menis (Uil) – la priorità resta quella di
vigilare, assieme ai Prefetti, sulla corretta gestione del Dpcm del 22
marzo, perché l’obiettivo è fermare il contagio e garantire la salute di
lavoratori e cittadini».
Quanto
a eventuali provvedimenti di riapertura nelle prossime settimane, e
fermo restando che dovranno essere decisi dal Governo, per Cgil, Cisl e
Uil «bisognerà riaprire dentro un quadro di regole condivise sia sulle
misure necessarie a garantire la tutela dei lavoratori sia sui settori
autorizzati a ripartire, in aggiunta a quelli già non soggetti
all’obbligo di chiusura». Ecco perché i sindacati chiedono di definire
in anticipo strumenti e sedi per garantire che tutto questo avvenga, in
ogni territorio, «con la rigorosa applicazione dei protocolli di
sicurezza e con il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti,
rappresentanze sindacali, aziendali, autorità sanitarie e naturalmente
istituzioni, con l’obiettivo di garantire il rispetto delle regole in
tutte le aziende». Se da un lato quindi i sindacati dicono sì alla
definizione di tavoli di confronto a livello regionale e territoriale,
ribadiscono anche che «non sono minimamente ipotizzabili riaperture su
base locale, tanto più in una regione che nel far fronte all’emergenza
ha adottato misure più restrittive di quelle nazionali e che del resto
non avrebbe facoltà di agire in senso opposto, allentando le
prescrizioni».
Da
qui le critiche alle esternazioni della presidente di Confindustria
Udine Anna Mareschi Danieli: «Sentiamo parlare di tamponi fai da te da
parte delle aziende o di coinvolgimento dell’esercito nei controlli,
salvo dimenticarsi di citare la necessità di proseguire sulla strada del
confronto con tutte le parti coinvolte. Sono fughe in avanti –
dichiarano Pezzetta, Monticco e Menis – il cui unico effetto è di creare
inutili tensioni tra i lavoratori e nel dialogo tra imprese e
sindacati. Se la preoccupazione per le ricadute economiche
dell’emergenza è condivisa – concludono i tre segretari – e se la pur
vasta disponibilità di misure e sostegno non basta a garantire le
esigenze di liquidità di molte imprese e i redditi dei lavoratori, in
particolare tra le piccole e piccolissime imprese dell’artigianato e del
terziario, deve essere condiviso anche l’obiettivo di fermare
un’epidemia che continua a mietere migliaia di vittime e che, se non
sarà arrestata, congelerà anche qualsiasi aspettativa di ripresa
economica e sociale».
Sulla
stessa linea i segretari territoriali di Cgil, Cisl e Uil Udine,
Natalino Giacomini, Renata Della Ricca e Fernando Ceschia: «In questo
momento – dichiarano – la priorità è la salute dei lavoratori e di tutta
la cittadinanza: se il Friuli non è Bergamo, come sostiene la
presidente di Confindustria Udine, è proprio perché abbiamo potuto
adottare restrizioni e contromisure prima che la diffusione del contagio
assumesse dimensioni difficilmente controllabili. Allentare la presa
adesso, come ci ricorda la comunità scientifica, significherebbe
vanificare tutti gli sforzi fatti finora. Esiste un tavolo e un dialogo
costante con i prefetti per monitorare la situazione e il rispetto del
Dpcm del 22 marzo: è su queste basi che dobbiamo continuare a
collaborare, senza tentativi più o meno espliciti a escludere il
sindacato e senza favorire un ricorso facile alle deroghe».