Religione, interessanti le aperture di don Brianti

I veri problemi della scuola regionale sono quelli segnalati a più riprese dai sindacati, a partire dal taglio di oltre 900 posti di lavoro tra docenti e Ata. Tagli che rischiano di essere letali per la qualità stessa del servizio scolastico.
Di fronte a questa prospettiva, quello sulla religione diventa un problema residuale. Ma l’evidenza che è stata data, anche in regione, alla sentenza del Tar del Lazio, richiede alla Cgil, che rappresenta decine di migliaia di insegnanti, di assumere posizioni franche ed esplicite. Anche gli esponenti della Chiesa regionale hanno contestato la sentenza, che a mio giudizio solleva invece questioni reali e profonde, sia pure con toni e argomenti diversi a seconda degli interventi. La Curia di Pordenone auspica addirittura che il pronunciamento del Tar sia superato per legge, secondo una visione integralista – molto diffusa nella gerarchia ecclesiastica – che toglie qualsiasi spazio al dialogo. A sostegno delle proprie tesi  vengono citate le cifre sull’adesione di massa all’ora di religione, fingendo però di non sapere che tale scelta è dettata soprattutto dal vuoto dell’offerta didattica alternativa nei confronti di chiede l’esonero. La Curia di Udine, invece, pur definendo “ideologica” la scelta del Tar (ma il discorso non si potrebbe rovesciare?) avanza con Don Giancarlo Brianti una prospettiva interessante: quella di un’ offerta formativa completa che dovrebbe consentire allo studente la conoscenza delle religioni, non della religione. Sono perfettamente d’accordo, perché in una società multietnica e multiculturale la conoscenza delle religioni favorirebbe conoscenza reciproca, rispetto, tolleranza e percorsi integrativi.
Mi sembra altrettanto interessante e condivisibile l’osservazione che dovrebbe essere lo Stato – o in alternativa “le” Chiese – a gestire questa materia. C’è però una questione preliminare che andrebbe affrontata fino in fondo: il diritto di monopolio della Chiesa sugli insegnanti di religione, che accedono ai ruoli scolastici con un percorso privilegiato, legato alla scelta insindacabile del vescovo. Non credo che chi contesta questo dato di fatto possa essere accusato di oltranzismo laicista o di avere intenti discriminatori. In uno Stato laico, nel quale la classe dirigente fosse meno opportunista di quella che abbiamo, questa discussione dovrebbe essere affrontata. Ed è importante che un sacerdote, sia pur affermando che «i tempi non sono maturi», lo riconosca.
Franco Belci, segretario generale Cgil FVG