Primo maggio, 10.000 nei cortei in nome del lavoro e della solidarietà

Politiche attive del lavoro per rilanciare l’occupazione a fronte dei 23 mila posti di lavoro persi rispetto ai valori pre-crisi. Solidarietà e accoglienza per gestire l’emergenza profughi. Il tema del lavoro, da sempre al centro delle manifestazioni del Primo Maggio in Regione, che hanno portato in piazza oltre 10 mila persone, si sono fusi con la grande sfida dell’accoglienza e delle politiche per l’immigrazione, in piena sintonia con la scelta dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil di celebrare la Festa del lavoro nel centro di accoglienza di Pozzallo, in Sicilia.
I SEGRETARI REGIONALI. “I dati Istat ci dicono che la disoccupazione, a dispetto degli annunci, torna a scendere ai minimi storici. Ecco perché è necessario uscire dalla propaganda e cercare soluzioni concrete, capaci davvero di far ripartire l’occupazione e l’economia. Nella consapevolezza che dalla crisi non si esce con la scorciatoia del taglio dei diritti: un concetto che il sindacato ribadisce con forza anche a nome dei tanti, troppi lavoratori della distribuzione costretti a lavorare, immolati sull’altare del consumismo, della deregulation degli orari e della pianificazione”. Questo il messaggio di Franco Belci in una giornata nella quale, sottolinea ancora il segretario della Cgil, “dalle piazze del Fvg, come nel resto del Paese, il mondo del lavoro lancia un appello forte alla solidarietà nei confronti dei profughi, un’emergenza umanitaria che non può e non deve lasciare indifferente la nostra comunità regionale”.
“Va creato un nuovo e più forte sistema globale di regole per garantire a tutti una vita dignitosa fatta di lavoro e speranza nel futuro – ribadisce il segretario della Cisl Giovanni Fania -. E’ una responsabilità di tutti quella di abbattere, per esempio, le odiose e diffuse pratiche del dumping sociale, quel mercato che si arricchisce con lo sfruttamento. E non parliamo solo dei Paesi più poveri. Anche in casa nostra abbiamo quotidianamente a che fare con chi spaccia per lavoro forme contrattuali subdole, approfittando della disperazione di chi ha una famiglia da mantenere o dei giovani; con chi disconosce meriti e competenze; con le discriminazioni anche tra uomini e donne a parità di mansioni svolte. Ma abbiamo a che fare – cosa altrettanto grave – con corruzione e infiltrazioni criminali, con le delocalizzazioni che la spuntano sul costo del lavoro, con le folli logiche del massimo ribasso che mortificano la leale concorrenza e fanno crollare, a pochi giorni dall’inaugurazione, viadotti, strade e scuole. Quella che serve è una nuova e penetrante cultura globale del lavoro, oggi sacrificata dalla speculazione e dal guadagno facile”.
La grande partecipazione unitaria in tutte le piazze del Fvg”lancia – per il segretario della Uil Giacinto Menis – lancia un segnale forte a Governo nazionale e Unione Europea per adottare politiche coordinate, capaci di affrontare l’emergenza profughi e contrastare l’azione dei trafficanti di uomini”. In un Primo Maggio, continua Menis”dedicato alle tante situazioni di crisi presenti in regione e alla forte preoccupazione per la crescita della disoccupazione su base nazionale, in controtendenza con gli andamenti europei. Ciò dimostra, come ha sempre sostenuto la Uil, che l’occupazione non si crea per legge, ma con politiche industriali che puntino sugli investimenti produttivi, in infrastrutture,innovazione e ricerca, accompagnate da politiche capaci di far crescere la domanda interna, aumentando il potere di acquisto dei lavoratori e dei pensionati, attraverso lo sblocco della contrattazione collettiva del pubblico impiego, la detassazione di salari e pensioni, e l’estensione del bonus di 80 euro”.
Tornata allo schema classico dei cortei sulle quattro province, dopo aver ospitato lo scorso anno il Primo Maggio nazionalea Pordenone (come città simbolo della crisi per le vertenze Electrolux e Ideal Standard), la presenza più numerosa, come di consueto, si è registrata nel capoluogo giuliano, con almeno 6 mila manifestanti.”Occorre un’iniziativa molto più forte sui temi realmente importanti per l’economia e il lavoro. Primo fra tutti l’occupazione. Quello che sta facendo il Governo non è sufficiente. Non c’è una sterzata. Si conta sulla congiuntura internazionale (dollaro e prezzo del petrolio più bassi, immissione di denaro) e ci si illude sia sufficiente per far ripartire l’economia del Paese. Bisogna cambiare politica economica – rilancia dal palco di piazza Unità il segretario confederale nazionale della Uil Paolo Carcassi -. Bisogna dare più reddito ai cittadini, con l’estensione degli 80 euro a pensionati e incapienti, e andare alla stipula dei contratti per far ripartire i consumi, che rappresentano i 2/3 della produzione nazionale. Bisogna dare corso a politiche industriali altrimenti il secondo Paese manifatturiero d’Europa rischia di essere strozzato”.
Dal palco si è ribadita ancora una volta la contrarietà del sindacato al Jobs Act, perché “non è attraverso una legge che si crea occupazione. Tanto più con una legge che diminuisce le tutele, non riduce le forme di lavoro precario e introduce elementi pericolosi perché mette in discussione gli ammortizzatori sociali, rischiando così solo di aggravare una situazione di crisi”.
Un appello alla politica ad essere più coerente e coraggiosa, a superare le incrostazioni del Paese è arrivata anche dal segretario nazionale Cisl Luigi Sbarra, sul palco di Gradisca, di fronte a un migliaio di persone.”Non c’è libertà senza cultura del lavoro. La mancanza di occupazione o di un’adeguata tutela dei lavoratori minaccia la salute della democrazia. La strategia di rilancio degli investimenti è inadeguata rispetto alle sfide che ci ha attendono – ha tuonato dal palco, fortemente critico con le “stonate fanfare di ottimismo” suonate dal governo sulla presunta ripresa -. Vanno realizzati nuovi e moderni strumenti di integrazione pubblico-privato in grado di sostenere e rilanciare un sistema fortemente compresso e sfibrato. Fisco, investimenti, fiscalità di vantaggio, infrastrutture, relazioni e politiche industriali vere sono nodi ancora tutti da sciogliere. Bisogna uscire dal falso e pericoloso mito che identifica il rilancio del Paese solo alla riforma del suo assetto istituzionale. Va ridisegnato un nuovo accordo tra governo, mondo del lavoro e rappresentanze datoriali. Solo recuperando uno spirito di responsabile e costante collaborazione tra istituzioni e corpo sociale si potranno avere riforme eque e durature”.
I tradizionali cortei non sono mancati neppure a Cervignano del Friuli, chiuso con l’intervento di Iris Morassi della Cisl, e a Pordenone, con la chiosa dal palco della segretaria provinciale Cgil Giuliana Pigozzo, che hanno fatto registrate rispettivamente circa 3 mila e un migliaio di manifestanti.