Pillola Ru486, dare piena attuazione alla legge 194

«La legge nazionale 194 è una buona legge, come dimostra la progressiva riduzione delle interruzioni di gravidanza, scese del 50% in 25 anni. Ad essa bisogna pertanto dare piena applicazione su tutto il territorio nazionale: sia nella parte relativa alla prevenzione, che rappresenta attualmente l’anello debole della 194, sia nelle misure collegate, come la direttiva sulla piccola Ru486». Questo l’appello che i coordinamenti donne di Cgil, Cisl e Uil Fvg rivolgono all’assessorato regionale alla Salute, ribadendo le richieste già presentate alla fine del 2008 in materia di tutela della maternità sul lavoro e di potenziamento della rete dei consultori. «Richieste – scrivono in una nota Giuliana Pigozzo (Cgil), Iris Morassi (Cisl) e Luisa Fazzini (Uil) – confermate anche in sede di discussione del nuovo Piano socio-sanitario».
Per garantire e rafforzare il ruolo dei consultori, secondo i sindacati, non basta salvaguardare la gratuità delle loro prestazioni: «Servono protocolli chiari e definiti – si legge nella nota – capaci di rendere omogenei i servizi offerti sul territorio e di assicurare l’immediata riconoscibilità dei consultori all’interno di altre strutture socio-sanitarie. Bisogna inoltre potenziare le sinergie con altre strutture come la scuola e le associazioni, allargare il raggio d’intervento dei consultori alla prevenzione maschile e soprattutto facilitare l’accesso ai consultori delle donne straniere, tra le quali il ricorso agli aborti è in aumento. Negli ospedali, infine, è indispensabile che la presenza nei reparti di medici non obiettori sia garantita».
A preoccupare i sindacati, oltre agli sviluppi del dibattito sulla Ru486, anche altre vicende al centro dell’attualità politica regionale, come le due proposte di riforma elettorale in discussione, che prevedono la cancellazione delle cosiddette “quote rosa”, e il disegno di legge sulla famiglia, che discrimina le coppie di fatto nell’accesso a sostegni economici e servizi. «Con il rischio concreto – concludono Cgil, Cisl e Uil – di un grave arretramento culturale e legislativo sul terreno delle politiche di genere e delle pari opportunità».