Occupazione, non bastano gli interventi tampone

E’ comprensibile che l’assessore Brandi cerchi di valorizzare
al massimo i risultati della propria gestione che dal punto di vista della Cgil
è fatta di luci e ombre. Anche se lo fa peccando di eccessivo ottimismo:
secondo le nostre elaborazioni la disoccupazione supera il 7%. Complessivamente
però va riconosciuto che le politiche di sostegno all’occupazione hanno avuto
una funzione di riduzione del danno occupazionale. Il loro limite di fondo è
che questi interventi-tampone non sono stati accompagnati da politiche
industriali capaci di incentivare la crescita e rilanciare l’occupazione stessa
che sarebbero spettati all’iniziativa collettiva della Giunta.
Ciò su cui sono francamente
molto perplesso è il cosiddetto “patto generazionale”, ovvero la riduzione  volontaria dell’orario degli over 50 in cambio dell’assunzione
di giovani con contratto di apprendistato. Anche a fronte di un’integrazione
contributiva da parte della Regione, francamente non capisco quale 50enne abbia
oggi interesse a rinunciare a una paga già mediamente bassa in un quadro di
scarsa stabilità occupazionale. A meno che non si pensi a un patto tra un padre
che va a part time per far entrare entrare in azienda il proprio figlio: si
tratterebbe in quel caso di percorsi privilegiati che lascerebbero invariato il
reddito di un nucleo familiare e sui quali non saremmo d’accordo.
Inoltre, visto
che la possibilità deriva da un provvedimento del Governo, bisognerebbe porsi
il problema della sua coerenza con la ratio della riforma Fornero, che punta a
trattenere il più a lungo possibile le persone al lavoro. In realtà si tenta in
vari modi di porre un argine alla più grande contraddizione della riforma
stessa che riguarda i lavoratori anziani. Si vuole che rimangano al lavoro, ma
siccome ci si rende conto che non hanno più il rendimento di vent’anni prima,
si cerca di collocarli in una posizione marginale e di risparmiare sui costi.
Lo si fa in maniera esplicita con l’odiosa proposta del demansionamento prevista
dall’accordo separato sulla produttività, ma si rischia di farlo in maniera più
edulcorata anche con la proposta dell’assessore. In mancanza di una
regolamentazione o di un controllo di natura contrattuale lo strumento potrebbe
infatti essere usato dalle aziende come strumento di pressione sul lavoratore:
è oltretutto difficile pensare che ad orario ridotto il lavoratore possa
conservare le proprie mansioni.
Infine va detto chiaramente che non è in questo
modo si possa risolvere anche in piccola parte la questione dell’occupazione
giovanile. Sarà molto più utile un intervento legislativo che coordini e
rafforzi le politiche di stabilizzazione, della formazione e del sostegno al
reddito dei giovani.

Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg