Landini: investimenti il punto debole dell’Italia. Le PMI facciano rete
«Per una vera ripresa è necessario far ripartire gli investimenti, che sono il punto debole del nostro Paese. Un Paese che non a caso cresce meno rispetto al resto dell’Europa». E’ quanto ha dichiarato il segretario confederale della Cgil Maurizio Landini nel corso di un convegno tenutosi a Pordenone. Dalla manovra 2018 appena presentata dal Governo, secondo l’ex leader della Fiom, non arrivano le risposte giuste per far fronte a questo ritardo, «perché si insiste sulla strada sbagliata degli incentivi, già scelta con il jobs act, e dei finanziamenti a pioggia, mentre manca un’idea di sistema che riguardi anche il sostegno mirato all’innovazione, alla qualificazione del lavoro, a una politica delle infrastrutture e dei trasporti». Un’idea di sistema, per Landini, sta mancando anche nella vicenda Ilva: «E’ paradossale – ha detto – che a rendere possibile la compressione dei salari cui punta Mittal sia una legge approvata dal nostro parlamento. A questo punto, in ogni caso, sarebbe opportuno che Cassa depositi e prestiti entrasse nella nuova società che sta rilevando Ilva come elemento di garanzia rispetto agli investimenti e al futuro occupazionale».
Tra i relatori, oltre a Landini e al segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta, il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, che nel corso del suo intervento, tra l’altro, ha anche respinto le critiche sul fallimento, nell’ambito di Rilancimpresa, delle cooperative di lavoratori come strumento per rilanciare aziende chiuse, a partire da Ideastandard. Le parole del numero due della Giunta, secondo il quale il fallimento, nel caso in questione, non è da addebitare alla Regione ma alla mancanza di progetti imprenditoriali, hanno trovato un’immediata replica da parte del segretario della Cgil Pordenone Flavio Vallan: «Le responsabilità della politica – ha detto Vallan – non riguardano soltanto il mancato decollo di Idealscala, ma anche il fatto che un’azienda come Ideal Standard abbia potuto andarsene a costo zero, lasciando a piedi 400 lavoratori».
Landini, da parte sua, ha incentrato il suo intervento sul rapporto tra innovazione e lavoro. Ricordando che «la tecnologia non è neutra, ma servono progetti il più possibile condivisi su come innovare, cosa produrre, con che tipo di lavoro e con quale sostenibilità ambientale». A proposito del possibile impatto negativo sul lavoro dei processi di innovazione tecnolgica e automatizzazione, l’esponente della Cgil nazionale ha detto che «il tema non è nuovo ed è vero che l’innovazione può ridurre il lavoro, ma è altrettanto vero che le aziende che hanno assunto, in questi anni, sono soprattutto quelle che hanno investito in innovazione, peché un nuovo prodotto genera anche nuovi servizi e nuovi lavori». Il problema, ha aggiunto Landini, è rappresentato piuttosto dal fatto che «gli investimenti sull’innovazione sono concentrati nell’85% dei casi nelle grandi imprese del nord, e vanno quindi create reti di impresa per consentire anche alle piccole imprese di investire su questo terreno». Quanto agli strumenti per gestire i contraccolpi occupazionali, invece, «le soluzioni vanno cercate intervenendo sugli orari e garantendo il diritto alla formazione continua durante il lavoro»