I diritti che l’Europa trascura in nome del mercato liberista

Di seguito l’intervento di Franco Belci, pubblicato su Il Piccolo del 24/4/2014)


Esattamente dieci anni fa si aprirono, con l’entrata della Slovenia nella Ue, i confini che dal 1945 avevano separato i due Paesi e Cgil, Cisl, Uil portarono a Gorizia la manifestazione nazionale del primo maggio e festeggiarono l’avvenimento con i rappresentanti dei sindacati sloveni assieme ai quali abbiamo fatto molto per rendere quelle barriere più permeabili. Sembrarono aprirsi allora nuovi orizzonti, sollecitati dalla sensazione di cittadinanza europea che chi abitava a Trieste e Gorizia provò transitando liberamente da un Paese all’altro. Dopo dieci anni quegli orizzonti sono sempre più evanescenti perché troppe di quelle promesse, poco sostenute dalle azioni, non sono state mantenute. Non si tratta soltanto delle politiche di austerità assunte come unica risposta alla crisi, ma anche dello smarrimento del senso di alcune grandi conquiste con le quali si pensò di alzare il livello della cittadinanza nel continente, a cominciare dalla Carta dei diritti di Nizza. A quella Carta si sono sostituite le pure ragioni del mercato vestite con l’abito del modello iperliberista che, nonostante il suo evidente fallimento, continua ad esercitare un’egemonia culturale attraverso la compenetrazione tra politica, economia e finanza, nella quale queste ultime comandano sulla prima. Il prezzo pagato da Italia e Slovenia, ma anche da molti altri Stati del Continente, è stato molto alto. In Grecia in particolare le politiche della Ue hanno compresso in maniera insopportabile le condizioni di un popolo intero. Lancet, una delle prime 5 riviste mediche mondiali, ha sottolineato come a causa della malnutrizione, della riduzione dei redditi, della scarsità delle medicine negli ospedali, dell’accesso sempre più difficile ai servizi sanitari le morti bianche dei lattanti sono aumentate fra il 2008 e il 2010 del 43%. Il numero dei bambini nati sottopeso è cresciuto del 19%, quello dei nati morti del 20%. Al tempo stesso la mortalità degli anziani è aumentata in modo significativo: 12,5% tra gli 80 e gli 84 anni, quasi il 25 dopo gli 85 e i suicidi sono aumentati del 45%. Non per un solo momento la Ue si è fermata a riflettere su come queste situazioni siano compatibili con la Carta dei diritti e troppo poche sono state le voci che si sono levate a mettere in discussione questo paradigma senza mai unirsi in un coro, a dimostrazione dell’assenza di una visione alternativa, fatta di idee, proposte, valori e principi che la socialdemocrazia europea non è riuscita finora a mettere in campo. Lo dico senza sottovalutare le dinamiche macroeconomiche e i condizionamenti oggettivi dell’economia globale ma con la preoccupazione che il modello europeo dell’austerità possa alla fine confermare il giudizio messo nero su bianco dalla banca d’affari Jp Morgan, una di quelle che hanno scatenato la crisi, in un documento sulla Ue che risale a un anno fa e pochi ricordano: il buon funzionamento dell’economia non è un mezzo attraverso il quale si cerca di migliorare il benessere collettivo, ma il fine da perseguire a costo di stracciare le garanzie e i diritti che definiscono uno Stato democratico. I segnali di euroscetticismo e populismo nascono proprio da questa faccia con la quale la Ue oggi si presenta. Si caratterizzano per una logica di chiusura all’esterno, un rifugiarsi nella dimensione del protezionismo politico e culturale, una fuga da ogni forma di solidarietà. Essi vanno perciò contrastati chiedendo di allargare il perimetro dell’Unione e non di uscirne: il mondo del lavoro ha bisogno di recuperare la visione della Carta di Nizza e di sostenerla anche attraverso una più incisiva azione della propria rappresentanza europea. Dunque nella campagna elettorale per le elezioni di maggio, il sindacato si farà sentire perché le contraddizioni della Ue del mercato precipitano spesso anche sul nostro vivere quotidiano. Penso, è ovvio, al caso Electrolux, nato proprio nel campo di gioco mercantilista che si è sostituito a quello della crescita e dello sviluppo nella solidarietà. Per questo crediamo che le elezioni europee non possano rappresentare, oggi più che mai, soltanto una conta per le forze politiche che traguardi gli equilibri nel nostro Paese. C’è bisogno di grande partecipazione e della consapevolezza dei cittadini che quella dell’Unione è un’occasione che non possiamo perdere, ma alla quale dobbiamo saper dare nuove ragioni e nuovi orizzonti.

Franco Belci