I 100 anni della Cgil a Pordenone: “Restituire diritti e salario al lavoro”

«Solo
se si uniscono, i lavoratori possono sperare di contare di più e di
riuscire a cambiare le cose. Questa è la lezione che ci viene dalla
storia del movimento sindacale e delle nostre Camere del lavoro».
Questo l’appello lanciato dal segretario generale della Cgil
Maurizio Landini, intervenuto oggi alle celebrazioni del centenario
della Camera del lavoro di Pordenone, nel quartiere periferico di Villanova.
«L’impegno della Cgil, allora come oggi, – ha
detto Landini – è
quello di battersi per dare diritti e dignità a chi lavora, in una
realtà segnata purtroppo dalla crescita del lavoro povero. Se
questo è potuto avvenire, è anche l’effetto di leggi sbagliate
che vanno cambiate, ed è questa una delle priorità che sottoponiamo
al nuovo Governo, accanto a quella di riprendere in mano il tema
delle politiche industriali, degli investimenti per rilanciare lo
sviluppo, della riduzione del carico fiscale su salari e pensioni,
utilizzando anche la fondamentale leva della lotta all’evasione».
Tra
i temi toccati dal segretario generale anche la crisi dell’automotive
e la lotta alle delocalizzazioni, molto sentiti nel territorio della
Destra Tagliamento «Sull’automotive che nel nostro paese occupa
350mila addetti, in gran parte impegnati nel sistema della fornitura
– ha dichiarato Landini – scontiamo anche la mancanza di politiche
sulla mobilità, sull’elettrico e sull’ibrido. E’ un tema che
toccheremo nell’incontro fissato per il 18 ottobre con il Ministero
dell’industria, perché il rallentamento del settore a livello
internazionale preoccupa molto». Quanto al contrasto alle
delocalizzazioni, sollecitato sul caso Safop, il numero uno della
Cgil ha rimarcato la necessità di porre fine «alla logica dei
finanziamenti a pioggia alle imprese, indipendentemente dalle sedi
dei siti produttivi e degli investimenti».
Positivo,
in ogni caso, il giudizio della Cgil provinciale sul nuovo corso di
Safop: La
nuova proprietà indiana – ha dichiarato il segretario della Cgil
Pordenone Flavio Vallan – è ripartita ricollocando parte dei
dipendenti e con un piano industriale credibile. Ora attendiamo di
vedere con quali investimenti darà attuazione a quel piano».
Nel
suo intervento dal palco di Villanova, Vallan ha tracciato un
parallelo tra il passato e le sfide attuali della Cgil, che nella
Destra Tagliamento può contare una forte rappresentatività con
34mila iscritti
in una provincia di soli 312mila abitanti. La
conferma di questa forza
passa anche attraverso la capacità di rinnovarsi e di ritrovare il
senso di militanza. «L’esempio di quei lavoratori che cent’anni
fa diedero vita alla nostra Camera del lavoro – ha aggiunto infatti
il segretario – deve essere anche un richiamo all’impegno contro
le diseguaglianze, le ingiustizie e le contrapposizioni sociali che
sempre più stanno segnando le nostre democrazie indebolite, dove
prendono di nuovo piede le subculture del fascismo, del razzismo e
della lotta fra le nazioni. Se le vogliamo evitare che tutto questo
possa generare nuovi mostri, abbiamo bisogno di diventare capaci di
generare nuova solidarietà, di risvegliare la partecipazione, di
riconquistare la centralità del valore sociale del lavoro e delle
persone che lavorano». Un impegno, questo, che per Vallan deve
misurarsi con «lo sgretolarsi delle solidarietà e della unità dei
lavoratori sotto i colpi di un nuovo quanto antico liberismo
economico, capace di minare alla radice i contratti collettivi, il
welfare, ed il mercato del lavoro, scaricando sui lavoratori i costi
della crisi, e in particolare sui meno qualificati, sui disoccupati,
sulle donne, sui giovani e i migranti, che ne sono le principali
vittime».
Questo
il messaggio lanciato dalla Cgil provinciale in una giornata in cui,
con l’aiuto degli storici Enzo Pagura e Gian Luigi Bettoli, e
testimonianze di sindacalisti di lungo corso come il presidente della
Fondazione Luigi Di Vittorio Carlo Ghezzi, la Cgil di Pordenone ha
cercato di tendere un filo tra il passato e le sfide del presente.
Sfide da affrontare, secondo Vallan, «costruendo una nuova cultura
dell’associazione, efficace nel riconoscere la condizione reale
delle persone e di metterle insieme, di ricondurre le differenze a
unità, di darsi una identità che non produca separazione».