Edilizia, rischi di una nuova crisi: appello alla Regione

Resta preoccupante la situazione del comparto edile in regione.
Letteralmente dimezzato da una crisi che tra il 2008 e il 2016 ha visto
scendere da oltre 14mila a 7.500 il numero degli addetti (impiegati
esclusi), negli ultimi tre anni il settore ha dato qualche timido
segnale di ripresa, recuperando poco più di 1.000 occupati. Troppo poco
però dopo la crisi peggiore di sempre e anche alla luce di un
peggioramento delle condizioni di lavoro nel settore, favorito
dall’irregolarità diffusa che si registra negli appalti e da un
crescente dumping contrattuale che penalizza sia i lavoratori che le
aziende virtuose. Da qui la nuova mobilitazione dei lavoratori del
comparto, che venerdì 15 novembre scendono in piazza in tutta Italia per
chiedere al Governo, alle Regioni e agli enti locali di mettere in
campo politiche capaci di avviare un vero rilancio del settore,
investendo nelle infrastrutture strategiche, nella messa in sicurezza
del territorio e degli edifici pubblici, a partire dalle scuole, nelle
ristrutturazioni e nella riqualificazione energetica dell’edilizia
pubblica e privata.
LE RICHIESTE. In regione l’appuntamento è per le
11 di venerdì mattina a Trieste in piazzale Oberdan, sotto la sede del
Consiglio regionale, dove è previsto un sit-in organizzato dai sindacati
di categoria Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil. «In Friuli Venezia
Giulia – spiegano i segretari regionali Emiliano Giareghi (Fillea),
Luciano Bettin (Filca) e Massimo Minen (Feneal) -situazione del settore
delle costruzioni continua ad essere preoccupante e con prospettive di
aggravamento. Alla Regione chiediamo di accelerare nell’adozione di 
provvedimenti di sostegno e di stimolo sia al settore dell’edilizia
privata che dei lavori pubblici, ma anche di salvaguardia
dell’imprenditoria locale e di prevenzione degli infortuni, sia
attraverso una rigorosa verifica dell’idoneità tecnico-professionale
delle imprese impegnate negli appalti pubblici, adempimento già previsto
dal testo unico sulla sicurezza ma spesso non adeguatamente tenuto in
considerazione, sia nel potenziamento dei controlli da parte delle
aziende sanitarie, anche attraverso adeguate assunzioni di personale».
Rivendicazioni, queste, che i sindacati stanno portando avanti anche a
livello nazionale, con richieste come il ripristino del Durc trimestrale
di cantiere, l’obbligatorietà dell’iscrizione alla cassa edile,
l’introduzione della patente a punti sul rispetto delle norme
antinfortunistiche.
INFRASTRUTTURE STRATEGICHE. Ma l’obiettivo
prioritario dei sindacati, accanto a quello della lotta al lavoro neo,
agli infortuni, all’evasione fiscale e contributiva, al dumping
contrattuale, è il rilancio delle grandi opere come leva fondamentale
per il rilancio delle costruzioni e per la competitività del sistema
paese. Un obiettivo che riguarda in pieno anche una regione come il
Friuli Venezia Giulia, sia per i ritardi infrastrutturali che
impediscono un pieno sfruttamento della sua strategica posizione
geopolitica, sia alla luce di una conformazione idrogeologica spesso
causa di effetti gravi o addirittura devastanti sul territorio. Da qui
un elenco di opere strategiche che i sindacati rilanciano nei confronti
dell’amministrazione regionale e delle forze politiche, in linea con i
ripetuti appelli rivolti dall’intero comparto attraverso gli Stati
generali delle costruzioni.
SICUREZZA DEL TERRITORIO. Centrale, per i
sindacati, anche la prosecuzione delle opere di prevenzione di disastri
ambientali in aree a rischio alluvione, frane, esondazione,
smottamenti, attuando la strategia nazionale di adattamento ai
cambiamenti climatici. «Eventi come la tempesta Vaia – amminiscono,
Fillea, Filca e Feneal – potrebbero ripetersi con maggiore frequenza, e
la prevenzione costa mediamente 8 volte meno di quanto si spende con gli
interventi in stato d’emergenza, senza considerare le vittime. Per
questo serve una programmazione a lungo periodo degli interventi da
realizzare nel territorio per prevenire crolli, frane, alluvioni,
incendi, danni infrastrutturali». I sindacati ricordano inoltre come
nelle zone non colpite da crolli nel 1976, ma caratterizzate da livelli 2
e 3 di rischio sismico, gran parte degli edifici risalgono a prima del
1976: «Non solo case e palazzi privati, ma anche scuole, ospedali,
luoghi di culto, edifici e uffici pubblici privi di adeguamento»,
rimarcano i sindacati.
STOP CONSUMO DI SUOLO. Infrastrutture, messa
in sicurezza e riqualificazione del patrimonio esistente, per i
sindacati, sono la strada obbligata per una regione come il Fvg, la
terza a livello nazionale per indici di consumo di suolo rispetto alla
popolazione. Ecco perché, insistono i sindacati, «andrebbero
incoraggiate le demolizioni e le ricostruzioni di edifici obsoleti, come
accade in altri Paesi europei». Troppo spesso, infatti, «si autorizzano
nuove costruzioni quando potrebbero essere recuperate aree civili e
industriali dismesse attraverso l’introduzione di “benefit” arrivando
anche all’esproprio di superfici o luoghi nei quali siano presenti
edifici fatiscenti da demolire o ruderi che andrebbero abbattuti».
STRADE
E FERROVIE. Giudicando positivamente lo stato di avanzamento dei lavori
sulla terza corsia, nonostante le preoccupazioni che riguardano in
particolare la conclusione della parte veneta, Fillea, Filca e Feneal
giudicano prioritaria anche la realizzazione dell’autostrada
Gemona-Sequals, dando seguito allo studio di fattibilità già
commissionato nel 2011, ma successivamente accantonato, per avviare la
cantierabilità di un’opera fondamentale per deviare il flusso da e per
l’Austria. «Si tratterebbe – rimarcano i sindacati – di un’opera
strategica anche per i distretti, i consorzi e le zone industriali che
insistono lungo il tracciato o nelle aree limitrofe, come il distretto
del mobile del Livenza, la Zipr di San Vito al Tagliamento, le zone
industriali dello spilimberghese e del sandanielese, di Osoppo, Majano e
Buja, dove operano alcune tra le principali realtà del manifatturiero 
regionale». Salendo a nord, l’opera infrastrutturale più urgente e
rilevante è la riqualificazione della Statale 52 Carnica e della
variante di Tolmezzo. «I lavori – sintetizzano Fillea, Filca e Feneal –
saranno divisi in più lotti, per alcuni dei quali ci sono già i progetti
esecutivi, mentre per i restanti sono ancora in atto “lunghe fasi di
progettazione”.
PORTI, INTERPORTI, RETROPORTI. Da non dimenticare
inoltre la necessità di infrastrutturazione degli interporti dei
retroporti con più efficenti collegamenti gomma-rotaia, il nuovo ponte
sul fiume Meduna a nord di Pordenone, vero collo di bottiglia per il
territorio della destra Tagliamento, quello sul Tagliamento tra
Spilimbergo e Dignano, con il completamento della bretella di Barbeano,
il potenziamento della ferrovia Monfalcone-Trieste e della
Udine-Cervignano, per valorizzare e incentivare il trasporto pesante su
rotaia, sfruttando a pieno le opportunità legate allo sviluppo dei
trattfici marittimi su Trieste. Sempre su Trieste, infine, i sindacati
ventilano l’ipotesi di un commissario per favorire lo sblocco dei lavori
di riqualificazione del Porto Vecchio, un progetto la cui rilevanza,
per i sindacati, può dare un contributo fondamentale al rilancio
economico e occupazionale del capoluogo, ma con potenzialità e ricadute
poisitive per tutto il sistema-regione».