Ddl scuola, assunzione per non più di un precario su quattro

Sindacati mobilitati anche in
regione in vista dell’approvazione del Ddl scuola. Oltra a partecipare con le
proprie delegazioni alla manifestazione nazionale in programma domani a Roma in
concomitanza con il voto finale alla Camera, Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals
e Gilda del Friuli Venezia Giulia stanno organizzando iniziative di protesta
anche a livello provinciale: tra quelle già indette, sempre per domani, un presidio a Pordenone in
mattinata, dalle 10 davanti alla Prefettura, e uno a Udine nel pomeriggio, alle
17 in
piazzetta Belloni.
Sotto accusa una riforma che
secondo i sindacati non risolve i problemi della scuola pubblica, a partire da
quello degli organici, in forte sofferenza. Se da un lato c’è un’ovvia soddisfazione
per le prime assunzioni previste dal decreto, la loro entità – 60mila a livello
nazionale, che dovrebbero successivamente salire a 100mila, contro le 150mila
che erano state prospettate dal Governo – non basterà a colmare le carenze di
organico e a tutelare tutti i precari con almeno tre anni di anzianità, così
come previsto dalla sentenza della Corte di Giustizia europea. Per quanto
riguarda il Fvg, i 638 posti spettanti alle scuole della nostra regione in base
alle tabelle del ministero corrispondono, secondo i sindacati, a non più di un
quarto della platea di precari con i requisiti per l’assunzione. Sicuramente
fuori i precari delle graduatorie di seconda e terza fascia, doppiamente
penalizzati dal decreto, dal momento che a partire dall’anno scolastico 2016-17
non potranno più essere assunti se la loro anzianità supererà i tre anni.
Ad aggravare la situazione il blocco
dei contratti, fermi al 2009, il taglio di ulteriori 50 posti in regione agli
organici Ata e l’emergenza dirigenti, con il 30% dei plessi (52 su 172) in
reggenza. «Su tutto questo il disegno di legge non interviene», denunciano i
segretari regionali Adriano Zonta (Flc-Cgil), Donato Lamorte (Cisl scuola), Ugo
Previti (Uil scuola), Giovanni Zanuttini (Snals) e Massimo Vascotto (Gilda),
che criticano duramente anche l’impostazione generale e la filosofia della
riforma. «Una riforma – denunciano – in base alla quale i privati potranno
finanziare la scuola pubblica, mentre lo stato aumenta i finanziamenti a quella
privata, e che concentra troppi poteri in mano ai dirigenti scolastici, con
un’evidente riduzione degli spazi di partecipazione democratica nella scuola».