Coop sociali, pioggia di cartoline ai sindaci

«Forse non saremo infettati, ma se non fate nulla di sicuro finiamo
affamati!». Non poteva essere più esplicito, l’allarme dei 6mila
addetti delle coop sociali del Friuli Venezia Giulia occupati nella
filiera degli appalti degli enti locali. Un Sos lanciato questa
mattina su iniziativa della Funzione pubblica Cgil, con una cartolina
(vedi allegato) recapitata via mail ai sindaci del Friuli Venezia
Giulia, all’Anci che li rappresenta e al presidente della Regione
Massimiliano Fedriga. «Il Coronavirus – si legge nella cartolina –
ha fatto chiudere le scuole e noi siamo personale che lavora nei
servizi scolastici. Adesso siamo in Fis (la cassa integrazione in
deroga a carico del Fondo integrativo salariale Inps, ndr), ma i
soldi non arrivano ancora. Le Cooperative di cui siamo soci o
dipendenti hanno anticipato i soldi questo mese, ma non incassano per
cui non anticiperanno più».
«I lavoratori delle
coop sociali non chiedono l’elemosina – spiega la segretaria
regionale della Fp-Cgil Orietta Olivo – ma la pura e semplice
applicazione di uno strumento già previsto dal decreto Cura Italia,
che all’articolo 48 dispone non solo l’obbligo di co-progettare i
servizi sospesi al fine di riattivarli a favore dell’utenza, ma anche
la necessità di rispettare gli impegni contrattuali garantendo quei
pagamenti che possono far sopravvivere il settore». La maggior parte
dei Comuni, sostiene la Cgil, non ha provveduto in tal senso e questo
fa crescere l’allarme dei lavoratori, come testimonia ad esempio la
recente iniziativa di 70 educatori isontini nei confronti dei sindaci
della provincia di Gorizia.
L’appello – di
qui la scelta di inviare la cartolina anche al presidente Fedriga –
è esteso anche alla Giunta regionale , che per la Cgil può svolgere
una funzione di “moral suasion” nei confronti dei sindaci.
«Questo – spiega Olivo – tenendo conto anche delle indicazioni
operative recentemente impartite agli enti del Servizio sanitario
regionale attraverso una nota redatta dalla Direzione centrale delle
politiche per il Terzo Settore. Indicazioni – conclude Olivo –
che invitavano aziende e distretti a riprogettare i servizi e
garantire i pagamenti, proprio come prevede il Cura Italia. Se
l’obiettivo è quello di salvare i redditi dei lavoratori,
l’occupazione e le aziende, del resto, non si comprendono i motivi
di discriminare quelle impegnate non nella produzione di beni, ma
nell’erogazione di servizi indispensabili per il territorio e i
cittadini».