La Cgil: senza politiche industriali il lavoro non riparte

Rafforzare le politiche per l’innovazione e la ricerca, migliorare il collegamento tra mercato del lavoro e il sistema formativo e universitario, accelerare sul riordino dei consorzi industriali e delle filiere, qualificare la rete degli appalti pubblici e privati, investire sul potenziamento delle infrastrutture di comunicazione e logistiche, avviare un grande piano di messa in sicurezza del territorio e del patrimonio residenziale. In assenza di adeguate politiche industriali e per il lavoro, infatti, i timidi segnali di ripresa che provengono dal tessuto economico e produttivo del Friuli Venezia Giulia non si tradurranno in un consistente recupero occupazionale, soprattutto a beneficio dei giovani, i più penalizzati dalla crisi e da una riforma previdenziale che le pesantemente rallentato il turnover generazionale sul mercato del lavoro.
PUNTARE SUL MANIFATTURIERO. Questa la sfida che la Cgil Fvg, con il suo segretario generale Villiam Pezzetta, lancia alla Giunta Serracchiani e a chi guiderà la Regione dopo le elezioni del 2018. «Senza un adeguato modello di politiche economiche e industriali, e senza un’idea della società che vogliamo costruire o ricostruire, il percorso di uscita dalla crisi sarà ancora più lungo e difficile», ha detto Pezzetta in occasione di un convegno tenutosi stamane a Pordenone, alla presenza del vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello e di Maurizio Landini, ex leader della Fiom e da luglio componente della segreteria nazionale Cgil. Centrale, secondo il segretario regionale, il sostegno a quel settore manifatturiero che resta l’asse portante dell’economia regionale.
RILANCIMPRESA. «L’industria – queste le parole di Pezzetta – è stata il motore della nostra crescita, deve essere anche quello della ripresa, e lo sottolineo perché non sempre chi ha governato il Fvg è stato di questa idea». Corretto invece l’approccio della legge Rilancimpresa del 2015, penalizzata però, nella sua applicazione, dalla mancanza di criteri oggettivi di valutazione delle misure messe in campo e dalla lentezza di alcune delle pur importanti riforme avviate, come il riordino dei consorzi industriali, «ancora a metà del guado a più di due anni dall’approvazione della legge». La legge va comunque nella giusta direzione, anche se dovrà essere resa più mirata nel sostegno agli investimenti delle imprese, compresi quelli che rientrano nell’ambito dell’obiettivo Industry 4.0, che per Pezzetta stentano a decollare, nonostante un tasso di investimenti in ricerca più elevato rispetto alla media italiana (1,64% del Pil, contro un dato nazionale dell’1,38%, come evidenziato nelle analisi dei ricercatori Ires Alessandro Russo e Vladimiro Soli, vedi anche slide allegate)
PORTI E LOGISTICA. Condivisibile anche la strategia che ha portato alla creazione del nuovo regime fiscale del punto franco a Trieste, che per Pezzetta «rappresenta un’opportunità non soltanto per il capoluogo regionale, ma per tutto il Fvg, specie se sarà accompagnato da un’adeguata politica di investimenti su tutto il sistema portuale e retroportuale, sulle piattaforme logistiche, sui grandi assi di comunicazione stradale e ferroviaria». Gli investimenti sulle infrastrutture logistiche, secondo l”amministratore unico delle Ferrovie Udine-Cividale Maurizio Ionico, intervenuto a Pordenone, può avere una ricaduta di oltre un miliardo in servizi e mille occupati a fronte di un incremento di 500mila teu movimentate. L’innovazione della logistica portuale e retroportuale, inoltre, può generare riduzioni fino al 30% dei costi di trasporto. 
SELECO. Pezzetta ha anche affrontato la questione del presunto “dumping” territoriale generato dal nuovo regime di punto franco, scatenata anche dal caso Seleco, affrontato ieri in Consiglio regionale. «Quanto accaduto – ha detto Pezzetta – non deve alimentare sterili polemiche di campanile perché il nuovo regime fiscale dello scalo triestino, se accompagnato dalla giusta politica di investimenti sulla logistica di tutto il sistema regione, rappresenta una importante risorsa per l’intero territorio del Friuli Venezia Giulia. L’azienda però deve presentare un piano industriale con investimenti e tempi certi, cosa che non ha fatto neanche durante il dibattito in Consiglio».
EMERGENZA GIOVANI. Il recupero occupazionale della prima metà del 2017, e in particolare nel 2° trimestre, con il balzo a 507mila occupati e la discesa al 6,9% del tasso di disoccupazione (vedi slide), non deve far passare in secondo piano, sostiene la Cgil, l’emergenza lavoro. A preoccupare il sindacato, infatti, ci sono diversi fattori critici. Su tutti un Pil che negli ultimi tre anni è cresciuto mediamente meno della media nazionale e un tasso di disoccupazione ancora molto alto al di sotto dei 35 anni (con un picco del 28,5% nella fascia 15-24 anni). Sempre tra gli under 35, inoltre, si è registrato un calo di 50mila occupati negli ultimi 10 anni. Ma non va dimenticato l’elevato numero di lavoratori, secondo le stime Cgil non meno di 4mila, che nel 2018 perderanno il sostegno degli ammortizzatori sociali e andranno ad alimentare le file dei disoccupati, nelle quali ancora non rientrano per le statistiche ufficiali.
LAVORO POVERO. Un altro fronte d’allarme è costituito dalla crescita del lavoro povero, in particolare tra i 30mila addetti della filiera degli appalti, la metà dei quali inquadrati nel contratto multiservizi, con paghe orarie nell’ordine dei 7 euro. E cresce anche il part-time involontario, passato dal 16% del 2007 all’attuale 20% nell’ambito del lavoro dipendente (vedi ancora le slide dell’Ires Fvg). Da qui l’appello di Pezzetta per una più efficace stretta normativa sugli appalti pubblici, con l’esclusione delle gare al massimo ribasso, e per il potenziamento delle politiche attive per il lavoro: non soltanto per il ricollocamento dei disoccupati, ma anche per la formazione continua e la qualificazione della manodopera, «anche per evitare che gli investimenti in innovazione tecnologica, automatizzazione e robotica possano allargare la forbice già alta tra lavoro tutelato e lavoro povero e precario».